Tre regali. Sono stati quelli che ha incartato il Napoli all’Inter perché ritornasse a casa con i tre punti in tasca. Un gentile omaggio in un periodo dell’anno in cui si parla tanto di doni. Tre regali che, confezionati tutti in una sola partita, rivela lo stato di profonda prostrazione in cui versa la squadra azzurra, che tutto sembra tranne che una squadra in questo momento. L’errore di Di Lorenzo che ha spianato la strada a Lukaku per il vantaggio nerazzurro, è stato lo stesso che hanno commesso contro il Parma, alla prima di Gattuso sulla panchina partenopea, sia Koulibaly, in occasione del vantaggio ducale, che Zielinski, nei minuti di recupero regalando il contropiede della vittoria per gli uomini di D’Aversa. Non è un po’ strano? Può succedere una volta di scivolare sul manto erboso e vedere l’avversario involarsi indisturbato verso la porta, ma quando succede tre volte nelle ultime due partite casalinghe, significa che qualcosa non va. Ma qualcosa di serio, qualcosa che richiederebbe una spiegazione credibile, perché la pazienza dei napoletani si è esaurita. La squadra è allo sbando, la società assente, il numero di tifosi che va allo stadio si assottiglia sempre di più, ci sono tutti gli elementi per un crollo verticale, che va assolutamente scongiurato. Si parla subito di esagerazione quando si ventila il rischio di un naufragio tale da risucchiare il Napoli nei bassifondi della classifica a lottare per la salvezza, invece, il rischio è concreto. Già se solo una persona ipotizza questo scenario, si può parlare di fallimento su tutti i fronti, soprattutto perché questo Napoli, a detta dell’allenatore con cui ha iniziato il campionato, doveva essere competitivo per lo scudetto. Quando il discorso tricolore era diventato già un miraggio, si pensava che difficilmente ci si potesse ritrovare sotto il quarto posto, cosa dire adesso che anche l’Europa League è diventata un traguardo proibitivo? La parola fallimento non basta per racchiudere quello che è un dramma sportivo, che ha in Ancelotti, il quale disse che ci avrebbe pensato lui a colmare quel ridotto margine che separava il Napoli dal primo posto, il suo principale responsabile. Un pizzico di verità c’è, perché quel margine verso il primo posto si era davvero ridotto nel corso degli ultimi anni, il Napoli sembrava l’unica squadra in grado di contendere lo scudetto alla Juventus, poi è iniziato il ciclo Ancelotti ed è crollato un castello. Per dieci anni quel castello sembrava fondato sulla roccia, piogge e venti non lo intaccavano, poi è stato demolito dalla dissennata gestione del pluridecorato tecnico emiliano. Si sperava che Gattuso desse una scossa all’ambiente, una scarica d’adrenalina ad un gruppo senza più smalto, ma la situazione è più grave di quanto ci si aspettasse. La squadra è proprio bloccata, prigioniera di se stessa, tant’è che consegna le vittorie alle avversarie, come è successo con l’Inter, che la gara poteva vincerla anche con le sue forze dal momento che gode di fiducia e consapevolezza. A questo punto, la trasferta di sabato in casa di una Lazio stratosferica, per quanto importante possa essere, non lo è quanto lo scontro diretto che ci sarà al San Paolo la settimana successiva contro la Fiorentina. E’ quella la partita da vincere per gli uomini di Gattuso, lì non bisogna steccare per evitare che la stagione possa prendere una piega ancora più nefasta. Già lo è abbastanza, non può essere altrimenti quando ad inizio anno si dice di lottare per lo scudetto per poi ritrovarsi lontani anni luce anche dall’Europa League. Si dirà che la stagione è lunga, che manca più di un girone alla fine, una considerazione che sa più di condanna che di consolazione se il Napoli è quello che si vede dal mese di ottobre. E’ dal 19 ottobre, da Napoli-Verona, che il pubblico del San Paolo non esulta per una vittoria, addirittura nelle ultime tre partite ci sono stati i blitz di Bologna, Parma e Inter. Non succedeva dai tempi di Zeman in quel campionato in cui il tecnico boemo fu esonerato e sostituto da Mondonico, ma neanche il ribaltone tecnico impedì a quel Napoli di sprofondare tra i cadetti. Ad inizio anno, neanche il tifoso più pessimista avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a vivere quest’incubo sportivo.
A cura di Maurizio Longhi