Longhi al Giovedi – La lectio magistralis di Ancelotti alla Luiss

Carlo Ancelotti è uno dei tecnici più vincenti del mondo. La tifoseria del Milan lo ha mitizzato dopo aver conquistato sulla panchina rossonera ben due Champions, poi è andato a vincere a Londra, a Parigi, a Madrid, a Monaco ed è ritornato in Italia, a Napoli. Una società diversa dalle altre in cui ha lavorato, prima i presidenti gli mettevano a disposizione i campioni, all’ombra del Vesuvio non può pretendere molto. Quest’anno ha sbagliato molto anche lui, contribuendo al fallimento di alcuni obiettivi, ma potrebbe riscattare l’annata con l’Europa League, l’unica coppa che non ha ancora in bacheca, anche perché ne ha sempre preferita un’altra, quella dalle grandi orecchie. Sul fatto che sia un grande allenatore, non ci sono dubbi, ma questo non lo rende esente dalle critiche, non si campa di rendita per i successi vinti in passato. Chi ha vinto tanto in carriera, è anche costantemente sotto i riflettori, come se il successo avesse questo scotto da pagare: il fatto di dover essere sempre in discussione. Ancelotti ne è consapevole, ma ha le spalle larghe, ha dedicato una intera vita al calcio, sia da calciatore e poi da allenatore, e può insegnarlo con il carisma e con l’autorevolezza che la sua figura ispira. Il tecnico di Reggiolo ha incontrato gli studenti universitari della Luiss, la sua è stata una vera e propria lectio magistralis, della quale vogliamo riportare alcuni concetti che vanno al di là del calcio, essendo degli insegnamenti di vita.
LE MOTIVAZIONI DI UN VINCENTE. “E’ importante restare al passo con i tempi, trovare qualcosa per tenerti vivo, uno si sente vivo quando sa di non sapere tutto. Ho avuto modo di aggiornarmi quando sono stato esonerato, per un allenatore l’esonero diventa meno traumatico se lo si sfrutta per aggiornarsi. Bisogna capire che l’esonero fa parte della carriera di un tecnico”. Quando vinci tutto, proprio come Ancelotti, puoi avere un calo di motivazioni. Il segreto sta proprio nella consapevolezza di non sapere tutto e trovare gli stimoli giusti per affrontare nuove sfide. Il modo migliore per sentirsi sempre vivi. L’esonero è una caduta che fa parte della carriera di un allenatore, l’importante sta nel rialzarsi e approfittare di quel momento per prepararsi a ritornare più forti.
COME GESTIRE L’ANSIA. “Che ben venga la preoccupazione, che significa occuparsi prima del problema, ciò che bisogna combattere è l’ansia. Se, per esempio, vado a fare un esame e non so un tubo, c’è tanta paura, se invece sono preparato, mi sento convinto e motivato. Prima di una gara importante, la chiave è quella di spiegare ai giocatori molto chiaramente quello che devono fare, meno parli degli avversari e meglio è, soprattutto se sono forti”. E’ proprio così, si può fare l’esempio sempre di uno studente universitario. Se pensa che il docente con il quale deve sostenere un esame è duro e intransigente, si crea solo un alibi. Concentrandosi sulla sua preparazione, allora vedrà tutto da un’altra prospettiva.
COME GESTIRE UN GRUPPO. “Tutti i giocatori vogliono giocare. Quando dai la formazione, hai undici giocatori contenti e quattordici delusi. Uno strumento per neutralizzare la delusione è il dialogo, sia individuale e sia quello che un giocatore tiene con altre figure dello staff, con le quali ci si confida più facilmente. Un gestore non deve mai imporre le proprie idee, ma cercare il coinvolgimento e la partecipazione di tutti. Per coinvolgere le persone, bisogna avere la capacità e la forza di delegare”. Chi gestisce un gruppo, deve avere ben chiaro che ci sarà qualcuno insoddisfatto, per i motivi più disparati, nel calcio solitamente succede quando si gioca poco. Non c’è modo migliore del dialogo per far sì che una persona non perda mai fiducia in se stessa e si faccia trovare pronta quando avrà la sua chance.
IL LEADER CALMO. “Il carattere te lo formi con le esperienze e con gli esempi seguiti da giovane. Dicono che sono calmo, tranquillo e misurato, tante volte questo diventa un limite perché ti chiedono di essere il contrario di ciò che sei e di usare la frusta. Ti fanno pesare anche il fatto di avere ottimi rapporti con i giocatori. Non posso essere diverso, non sarei credibile provando ad essere un altro e la credibilità è tutto, soprattutto quando devi costruire rapporti con gli altri. Alla base c’è proprio il rapporto con le persone, indipendentemente dai loro ruoli. Tutti dobbiamo sentirci sullo stesso piano, sia che si parli con Cristiano Ronaldo e sia con l’ultimo dei magazzinieri. Una persona non è il ruolo che ricopre, ad esempio, io non sono un allenatore, faccio l’allenatore. Perché un rapporto sia di pari livello, bisogna anche saper ascoltare”. Si può racchiudere tutto questo in tre parole chiave: intelligenza, umiltà, umanità.