E’ successo di tutto negli ultimi 90′ dei gironi di Champions per le italiane. C’è chi ride e, purtroppo, anche chi piange. A versare lacrime c’è l’Inter, e pensare che per molti i giochi erano fatti visto che si ospitava in un San Siro strapieno un Barcellona già sicuro del primo posto e infarcito di seconde linee (per quanto possano considerarsi tali dei giovani che faranno le fortune del Barça del futuro). I nerazzurri erano padroni del loro destino, ma hanno steccato l’appuntamento decisivo, a fare la differenza non ci hanno pensato le motivazioni, bensì la qualità dei catalani. Il gol di Perez era stato ripreso da Lukaku alla fine del primo tempo, proprio quando lo Slavia Praga aveva trovato il pari in casa del Borussia Dortmund. Tutto faceva pensare che la qualificazione sarebbe arrivata, ma a quattro minuti dal 90′, il 17enne Ansu Fati ha gelato tutte le speranze nerazzurre. Grande delusione per Conte, per il quale la Champions continua ad essere un tallone d’Achille, ma il fatto che la sua Inter sia prima in campionato ha mitigato questa amarezza. Non a caso, il pubblico nerazzurro sta coltivando il sogno di disarcionare la Juve dal trono del campionato su cui è assisa da ben otto anni, l’eliminazione ai gironi di Champions è una macchia che non distoglie da quello che è il vero obiettivo: lo scudetto. La vera impresa l’ha confezionata l’Atalanta, una favola, quella della Dea, che sarà sicuramente ricordata tra le più belle del calcio europeo. Dopo tre sconfitte nelle prime tre gare e un solo punto conquistato dopo quattro, sembrava quello della consolazione, solo un folle poteva credere ancora alla qualificazione. Quel folle si chiama Gian Piero Gasperini che ha motivato a dovere i suoi in vista degli ultimi 180′ dove sono state giustiziate Dinamo Zagabria e Shakhtar. In terra ucraina era difficile strappare la vittoria, e nel contempo sperare che il Manchester City non fosse in vena di omaggi contro la Dinamo, è andato tutto alla perfezione. Come perfetta è stata questa Atalanta, che ne ha rifilate tre agli ucraini, e non hanno segnato neanche i soliti, come Gomez e Muriel, gli eroi sono stati Castagne, Pasalic e Gosens. Un capolavoro quello orobico, una leggenda entrata di diritto nella storia del club, un miracolo sportivo in piena regola che ha mandato in estasi tutta Bergamo. Probabile che tra 50 anni si parlerà ancora di questa realtà di provincia che, dopo un impatto tremendo, è riuscita con la forza di chi non si perde mai d’animo a ritagliarsi un posto tra le sedici big europee.
Anche il Napoli è agli ottavi, che ormai erano stati ipotecati già da un po’, anche prima del pari di Anfield. Con il Genk non ci sono stati problemi, già all’intervallo la tripletta di Milik, al rientro da un infortunio, aveva fatto scorrere i titoli di coda su una partita senza storia. Nella ripresa il risultato è stato arrotondato da Mertens, a quel punto bisognava capire solo cosa stesse succedendo alla Red Bull Arena, dove nella ripresa è venuto fuori tutto lo strapotere del Liverpool. I Reds allora hanno chiuso il girone al primo posto, con il Napoli secondo, ma sin dalle prime battute, nonostante un Salisburgo da non sottovalutare, si era capito che sarebbe stato un discorso a due. La vittoria con il leggerino Genk non è servita, però, ad evitare ciò che si ventilava da diverse ore prima del match: l’esonero di Carlo Ancelotti. Nella notte di martedì è arrivato il comunicato ufficiale, il club partenopeo ha sollevato dal suo incarico il tecnico di Reggiolo sostituendolo con un suo allievo, quel Gennaro Gattuso che, da mediano tutto grinta e cuore quale era, ha contribuito a scriverne le fortune ai tempi del Milan. Sarà Ringhio, dunque, a guidare il Napoli agli ottavi, in attesa di capire quale sarà l’avversaria. Agli ottavi è proiettata da un mese la Juventus, che ha chiuso anzitempo il discorso primo posto e, malgrado ciò, non ha fatto sconti al Bayer Leverkusen. Ronaldo e Higuain hanno giustiziato i tedeschi a domicilio, per la serie “vincere aiuta a vincere”, e i bianconeri avevano la necessità di ritornare alla vittoria dopo il ko in campionato contro la Lazio. Una squadra come la Juve non è abituata a restare per troppo tempo a digiuno di vittorie, chissà che le notti di Champions non siano una panacea per curare qualche piccolo male che si palesa in un campionato che vede gli uomini di Sarri all’inseguimento della capolista Inter.
A cura di Maurizio Longhi