Longhi al giovedì – 26 settembre

Si dirà che il calcio è così, si può cingere d’assedio la porta avversaria con il pallone che non vuole saperne di entrare, si concede una sola occasione agli avversari e si viene puniti. Sì, il calcio è così, non lo si scopre adesso, ma questa non può essere una giustificazione per una squadra che, in teoria, punterebbe allo scudetto e che soccombe in casa contro un’avversaria di media classifica. Due sconfitte su cinque partite di campionato, nove gol subiti, solo con la Sampdoria la porta è rimasta inviolata (grazie ad un super Meret), questa squadra appena fa un passo avanti ne fa tre indietro. Conte è al primo anno sulla panchina dell’Inter ed è a punteggio pieno, anche Sarri si è insediato in estate sulla panchina della Juve e le ha vinte tutte pareggiando solo in casa della Fiorentina, Ancelotti ha già un anno di lavoro alle spalle e sembra che sia appena arrivato. Già lo scorso anno ci ha capito poco, con il campionato finito a dicembre dopo la sconfitta di Milano contro l’Inter, poi erano rimasti due obiettivi da perseguire come la Coppa Italia e l’Europa League ed è meglio non ricordare le prestazioni indecorose fornite. Adesso sembra che le cose siano addirittura peggiorate, nonostante una rosa più ampia e completa con soluzioni che lo scorso anno mancavano. Con due sconfitte nelle prime cinque partite, e con le altre che corrono, la sensazione è che il Napoli sia tagliato fuori già a settembre, ma si dirà che il campionato è appena iniziato, c’è tutto il tempo per recuperare. Come può una squadra trovare l’equilibrio se tra una partita e l’altra si presenta sempre con 8/11esimi diversi? Va bene il turn over, indispensabile quando si è impegnati su più fronti, ma così scriteriato è una follia. A Lecce è andata bene, era prevedibile che prima o poi si pagasse dazio. Appellarsi alla sfortuna per il ko interno contro il Cagliari significa voler trovare per forza l’alibi perfetto, chissà perché ogni anno si è sempre sfortunati.
Ascoltando le parole di Ancelotti in conferenza stampa, che faceva riferimento alla quantità di tiri verso la porta avversaria, sembrava di riascoltare Benitez dopo la sconfitta del suo Napoli contro il Chievo, in un momento di depressione generale con le scorie del preliminare di Champions perso. Si pensava che con il pluridecorato tecnico di Reggiolo le cose sarebbero cambiate, che la squadra si sarebbe dotata di una mentalità vincente, una vana e sterile speranza. Quando si capitola, in modo così ingenuo contro il Cagliari in casa, viene naturale pensare ad un ridimensionamento, tenendo conto anche al temperamento fin troppo morbido della squadra. Lo scorso anno, dopo l’eliminazione in Champions, qualcosa si incrinò, il rischio è che possa succedere la stessa cosa dopo una sconfitta così pesante che incide tanto sulla classifica ma soprattutto sul morale. Non si può essere sereni pensando di non potersi più permettere passi falsi, già contro il Cagliari, quando i minuti passavano inesorabili e il gol non voleva arrivare, molti giocatori tradivano un ingiustificato nervosismo. Emblematica la reazione di Koulibaly al gol di Castro che ha portato il senegalese a farsi espellere dall’arbitro, erano saltati i nervi quando una delle caratteristiche di una squadra vincente è proprio quella di saper mantenere la lucidità anche nelle fasi più critiche. Se il Napoli si è venuto a trovare in questa situazione così delicata, deve recitare solo il mea culpa e trovare la forza per reagire immediatamente. Già con il Brescia bisognerà vedere una squadra feroce e con la bava alla bocca, senza regalare un tempo come è stato fatto con il Cagliari. Poi succede che la palla non voglia saperne di entrare e ci si scopre così tanto (autolesionismo puro) da farsi giustiziare. Come può parlare di sfortuna una squadra di vertice che domina sul proprio campo per poi raccogliere zero punti? La tifoseria, già tiepida e indispettita, finisce per esasperarsi ulteriormente per l’ennesima edizione di un mortificante “vorrei ma non posso”.

A cura di Maurizio Longhi