Intervistato in diretta Instagram dal nostro direttore Attilio Malena, Luciano Zauri ha ripercorso la sua carriera.
Sulla ripresa: “Non ci sono le condizioni. Non c’è ancora il rischio zero. Ci sono altri problemi, bisogna dare priorità ad altri mestieri, ad altre cose. Al momento è più importante riuscire a fare la spesa che alzare una coppa. Bisogna avere pazienza se si vuole ritrovare lo stesso calcio. Se si ha troppa fretta si rischia di trovare tanti problemi. Ci vuole pazienza ed aspettare che le persone tornino ad avere una vita normale per far sì che il calcio torni una valvola di sfogo, come spesso succede”.
Sull’esperienza all’Atalanta: “Ho i miei genitori che vivono verso Bergamo, li sento costantemente. La situazione è quella che si legge anche sui giornali, c’è un leggerissimo miglioramento, ma riiniziare il calcio adesso non servirebbe. In Lombardia al momento ci sono altre priorità. A Bergamo l’Atalanta è tutto, è un buon motivo per ripartire in futuro, ma adesso è troppo presto. L’Atalanta è Bergamo, vanno di pari passo. La mia avventura lì fu fondamentale perché insegnano tantissime cose. Ci andai a 12 anni, dovetti fare tantissime rinunce, ero praticamente ancora un bambino. Bisogna crescere per forza in fretta. Non sono mai stato una testa calda. Non smetterò mai di ringraziare la mia famiglia che mi ha appoggiato e spinto, mi ha fatto sempre sentire il suo appoggio nei momenti di difficoltà. È stato un percorso enorme, difficile, duro, ma ripagato negli anni. L’Atalanta è da sempre un orgoglio per il calcio in generale, sforna campioni e ragazzi che vanno in Nazionale da 30/40 anni”.
Su Mino Favini: “È stato un riferimento per molti. Devo tantissimo a lui, come persona, come modi di fare, come insegnamenti che trasmetteva anche agli allenatori dei settore giovanili. Favini è una garanzia, lo è stato per 50 anni. La sua mancanza è una perdita per il mondo del calcio. Senza l’Atalanta e i miei genitori non avrei fatto il giocatore”.
Sull’esperienza alla Lazio: “Fu una tappa fondamentale per la mia carriera. Venivo dal percorso all’Atalanta, che lottava inizialmente per andare A e poi per salvarsi. Il salto in un grande club come la Lazio fu qualcosa di incredibile. La squadra era molto forte, allestita per fare classifica: basta vedere i nomi.. Sfiorammo il quarto posto, vincemmo la Coppa Italia e giocammo la Champions. Roma è una grandissima città, non fu facile all’inizio, ma ho aspettato il mio turno, ho fatto i miei step e poi ho fatto qualcosina. In quella Lazio c’erano Lopez, Fiore, che ha fatto anche gli Europei ed era un giocatore di grande classe e qualità, Liverani, che aveva una mano al posto del piede, un mancino fatato, grande personalità e sta facendo grandi cose al Lecce. Per un anno ci fu anche Albertini. Erano giocatori di grande livello, la Coppa Italia non la vincemmo per caso”.
Su Morfeo: “Ogni tanto lo menziono senza che me lo chiedano. Siamo cresciuti insieme. Quando arrivai a Bergamo già era lì, io ero fra gli Esordienti e lui fra gli Allievi. Siamo anche compaesani. Essendo mancino rubava l’occhio, aveva grande qualità e personalità. Andava oltre gli schemi calcistici e comportamentali, però era un grandissimo talento, ai livelli dei top”.
Sull’esperienza alla Fiorentina: “L’anno prima avevo segnato proprio contro la Fiorentina. Ho avuto un impatto felice con Firenze, era un gruppo che aveva fatto benissimo conquistando il quarto posto, superammo anche i preliminari di Champions e facemmo la fase a gironi. Giocai le mie partite sia in Champions sia in campionato. Ancora oggi sento ragazzi di quella squadra, era un rapporto che andava al di là del campo”.
Sul passaggio da giocatore ad allenatore: “Si fa fatica a spiegare ad un giocatore che deve smettere. Un calciatore smette o per gli infortuni o perché glielo fanno capire. Io ero uno di quelli che non aveva capito. L’ultimo anno feci 30 partite, mi sentivo bene, ebbi pochi infortuni. Giocavo da difensore a 3, quindi non avevo tanto dispendio fisico. Il Pescara però volle cambiare: mi trovai fuori dal discorso tecnico e avrei dovuto cercare squadra. A quel punto potevo rientrare a Roma ed aspettare l’ultimo giorno di mercato oppure allenare la Berretti a Pescara e ho scelto quest’ultima soluzione. Fu una decisione presa dopo aver parlato con mia moglie. Restai a Pescara, mi trattarono come se fossi a casa da sempre. Iniziai lì il percorso e poi a inizio anno mi sono ritrovato ad allenare grandi”.
Sulla parentesi da collaboratore tecnico all’Udinese: “Udine è l’ambiente ideale per lavorare. Il centro tecnico è all’avanguardia, il giocatore pensa solo ed esclusivamente a giocare. Allenatore e staff sono messi nelle condizioni di fare il massimo. Prima l’Udinese diceva la sua anche sul mercato estero, oggi fa più fatica però ha strutture che hanno in pochi.
Sul ritorno al Pescara: “L’anno scorso ho allenato la Primavera del Pescara ed è andata benissimo. La società mi ha dato l’opportunità di guidare la prima squadra, che ho colto a l volo. È come diventare papà da giovane: non sai se sei capace, ma arriva il bambino e devi accettare. Avevo entusiasmo, grande voglia di fare. Avevo esperienza maturata sui campi, essere dall’altra parte non è semplice, ma devo rifarmi al mio percorso: un allenatore al primo anno si rifa a quello che ha vissuto. Bisogna concedere eventuali errori altrimenti è impossibile fare esperienza. A Pescara ho provato a far giocare i giovani e a centrare i play-off, ero a -1 con mille difficoltà. Ho lottato fino alla fine con le mie armi, quando non c’erano più le condizioni ho fatto un passo indietro. Ho grande rispetto per il Pescara e per i tifosi”.
Su Borrelli: “Gennaro ha dalla sua l’atteggiamento, che è fondamentale. Per arrivare a grandi livelli bisogna avere qualità tecniche o fisiche, ma la differenza la fa il voler arrivare e continuare il percorso. È un giocatore grezzo, deve migliorare gli appoggi, però ha voglia, passano gli anni ma le sue caratteristiche sono sempre importanti, è forte di testa, molto alto. Sta a lui voler migliorare. I primi Toni e Vieri facevano fatica, poi con l’atteggiamento hanno sopperito e hanno fatto un grande percorso. Lui è un bravo ragazzo e può fare anch’egli un buon percorso”