Sarri: “Ronaldo è una multinazionale, difficile gestirlo”

Ai microfoni di Sportitalia è intervenuto Maurizio Sarri. Ecco le parole dell’allenatore della Lazio.

Sull’anno sabbatico: In questo periodo ho fatto ciò che per tanti anni non ho potuto fare: stare con la famiglia, leggere, vedere molte partite e guardare corse ciclistiche. Mio nonno era ciclista e mio padre è stato corridore professionista, il ciclismo è una passione di famiglia. Mi piacerebbe allenare una squadra di ciclismo, spesso sento Davide Cassani per farmi spiegare le corse. È stato un anno particolare, stare fuori non mi è pesato tanto: gli stadi vuoti mettono tristezza, questa situazione non mi dava la voglia di tornare. Era difficile rientrare con la qualità e la voglia giuste. Ora che si rivedono gli spettatori la voglia torna a prendere il sopravvento”.

Sullo scudetto vinto alla Juve: “Veniva dato per scontato non solo all’esterno ma anche all’interno. Lo abbiamo vinto senza festeggiarlo, ognuno ha cenato per conto suo. Quest’anno invece dopo il quarto posto hanno festeggiato. Una squadra che vince da otto anni può dare le cose per scontato, ma nel calcio non si può”.

Sul mancato ritorno al Napoli: “Non avevo la certezza di essere utile entrando in corsa. Ho detto a tutte le squadre che mi hanno cercato durante la scorsa stagione che ero a disposizione per luglio. Non c’è stata una trattativa vera e propria per il ritorno al Napoli, hanno chiesto solo informazioni sulla mia disponibilità”.

Sulla gestione di Ronaldo: “Non è facile. È una multinazionale, ha anche interessi propri. Sono più bravo da allenatore che da gestore, mi diverto di più sul campo. Gestire Ronaldo è difficile ma ci sono aspetti positivi perché Ronaldo a fine stagione può portare risultati importanti. Va oltre società e squadra, coi follower che ha è chiaro che va oltre la normalità. È un prodotto della nostra società, si parla tanto di singoli e poco di squadre, che poi sono quelle che giocano. Il valore della squadra non è uguale alla somma di quello dei giocatori. Se la Juve deve risparmiare sugli ingaggi meglio rinunciare a un giocatore che a 5/6 a parità di risparmio. Se non c’è questa esigenza bisogna costruire una squadra intorno a Ronaldo che sia adatta a lui. Il rapporto costi/benefici dell’operazione Ronaldo a un allenatore non interessa: il tecnico vuole che la società dia un obiettivo e che spenda ciò che può spendere. La Juventus ha una forza economica non indifferente, ma è falso che debba vincere la Champions per forza. È una grande società che ha sempre fatto ottime squadre e può anche arrivare a vincere la Champions, ma in Europa è decima per fatturato: nove squadre potenzialmente possono avere più possibilità di vincerla”.

Su Jorginho: “Se vincesse gli Europei diventerebbe un candidato al Pallone d’Oro. È un giocatore raffinato, non tutti possono capirlo: bisogna osservare solo lui in gara. È talmente bravo ed intelligente che fa sembrare tutto facile, difficilmente negli occhi lascia qualcosa di spettacolare: è questa la sua grandezza. Quando iniziai a trattare col Chelsea, Jorginho stava firmando col City, siamo intervenuti e lo abbiamo portato a Londra. Tifosi e giornalisti ci hanno messo un po’ a capire il suo gioco, poi la sua popolarità è esplosa anche in Inghilterra, ha fatto anche il capitano e se lo merita”.

Su Dybala: “Non è difficile recuperarlo, è un fuoriclasse. Disse che voleva essere allenato ancora da me. Viene da un anno strano con tanti infortuni, non è mai potuto andare al 100%. Un giocatore con le sue qualità è facile da recuperare. La Juve deve decidere se puntarci o cederlo”.

Sul suo erede: “Mi piace molto De Zerbi. Sono esterrefatto che a quell’età abbia scelto di andare all’estero senza che una big pensasse a lui. Ha fatto bene ad andare allo Shakhtar, mi mancherà vederlo in A. Ci sono altri ragazzi bravi come Italiano, ma De Zerbi ha dimostrato di meritare una grande”.

Sul litigio con Nedved dopo Udinese-Juve: “Erano normali discussioni post-partita. Non mi è piaciuto che la squadra dopo aver praticamente vinto lo scudetto avesse mollato. Staccare la spina e riattaccarla dopo non è facile. La squadra doveva tirare al massimo fino a fine campionato per essere pronta alle sfide di Champions, anche se giocando tante partite in 50 giorni non era facile”.

Sul duello con Mourinho: “È una cosa giornalista. Giocheranno Roma contro Lazio, io non potrò segnare e Mourinho non potrà salvare un gol. Contano le squadre, più di giocatori e allenatori. È importante lavorare bene per tornare a divertirsi e vedere la squadra esprimere un calcio piacevole. Quando un allenatore si diverte lo trasmette e si divertono anche i giocatori d il punblico. È un luogo comune che si vinca solo giocando male. Mi sono divertito soprattutto al Napoli e negli ultimi mesi al Chelsea”.

Sullo scudetto perso col Napoli con 91 punti: “Chi fa sport sa a cosa mi riferivo quando parlai di scudetto perso in albergo. Si può fare qualche sfottò, ma la verità è che la squadra ha visto uno spiraglio aperto. Chi ha vissuto quella notte sa a cosa mi riferivo, ho visto giocatori piangere. È stato un contraccolpo feroce, come se dopo quegli episodi discutibili fosse finito il sogno”.

Sul suo tridente del Napoli: “Higuain è un fenomeno quando si accende, anche se a volte non è facile farlo accendere. Callejon è molto affidabile ed è determinante per gli equilibri di squadra. Insigne è da anni il miglior giocatore italiano, ma appena sbaglia se ne parla tantissimo. Se un altro fa il gol che ha fatto al Belgio il TG ne parla per un mese. Sono tre giocatori a cui sono molto affezionato”.

Su Mertens centravanti: “È stata anche una botta di culo. Eravamo rimasti in 10 a Bergamo e c’erano spazi per le ripartenze. Abbiamo tolto Higuain e messo Mertens punta: ha preso due rigori e fatto il diavolo a quattro. L’anno in cui perdemmo Higuain e avevamo difficoltà a giocare il nostro calcio in modo diverso si infortunò Milik e si tornò a quel tentativo. Chiesi a Mertens se se la sentiva di giocare lì, gli dissi che avrebbe fatto 18/20 gol e ne fece 28″.

Sulla trattativa con la Roma: “Non ci ho mai parlato direttamente, ma secondo i miei agenti ci sono stato vicino”.

Sul modulo che userà alla Lazio: “Nella rosa non ci sono esterni alti, quindi va cambiato qualcosa. Sono visto come un integralista ma ho giocato per anni col 4-2-3-1, poi col 4-3-1-2 e col 4-3-3. L’unica cosa che non posso fare è la difesa a tre. L’idea è fare il 4-3-3, ma vedremo in base al mercato. Lazzari? Quando si ha gamba come lui ci si può adattare a tutto”.

Sulla decisione della Juve di sostituirlo con Pirlo: “È l’effetto Guardiola, che ha fatto tanti danni: si è considerata come regola un’eccezione, rischiando di bruciare ragazzi che magari col tempo sarebbero diventati anche grandi allenatori. Della scelta va chiesto ai dirigenti della Juventus. A volte si rischia di frenare la carriera a dei ragazzi che con più esperienza potrebbero diventare molto più bravi”.

Sulla figura dell’allenatore: “Cambiamo continuamente, è impossibile oggi essere l’allenatore e la persona di Empoli. Ho delle esigenze e voglio una società che mi faccia fare l’allenatore da campo, se mi mettono a fare qualcosa di diverso mi intristisco. Per mie caratteristiche in alcuni ambienti mi esalto e in altri non mi diverto e vado in difficoltà”.

Sul maggiore prestigio degli allenatori delle romane rispetto a quelli delle milanesi: “Solo sulla carta, poi si va in campo e i successi passati non sono garanzia di bel gioco o di successo. La mia squadra deve avere come scopo lavorare duramente in settimana per divertirsi la domenica. Se ci si diverte è più facile vincere, non capisco quando dicono che è più facile vincere giocando male”.

Sul suo futuro: “Non so per quanti anni allenerò ancora, ora voglio un’esperienza gratificante a livello professionale”

Sulla non-allenabilità della Juve: “Ad ottobre in una riunione con lo staff gli ho chiesto di scendere se andare dritti per la nostra strada e tornare a casa dopo 20/30 giorni o fare compromessi e vincere lo scudetto sapendo che saremmo andati a casa ugualmente. Abbiamo provato comunque a vincere lo scudetto”.

Su com’è cambiato il calcio durante la sua assenza: “Sono sempre i principi ad essere fondamentali. Negli anni hanno faticato meno i difensori giovani che quelli esperti, ad eccezione di Albiol, ma parliamo di un grandissimo, che in tre allenamenti era già nel mio modo di pensare”.

Sulla trattativa con la Fiorentina: “Mi ha cercato prima di prendere Prandelli, ho detto che ero disponibile ma per giugno”.

Sul suo addio al Chelsea: “Ho fatto l’errore clamoroso di voler tornare in Italia a tutti i costi. Parliamo di una grandissima società, che negli anni successivi ha preso tanti giovani adatti al mio calcio. Lì ho vissuto un anno particolare in cui Abramovich non poteva entrare in Inghilterra e il nostro proprietario non era presente sul territorio. Era tutto in mano a Marina, che aveva mille problemi da risolvere. Il lato calcistico era in mano allo staff. Dopo che sono andato via sono arrivati giocatori adatti a me come Werner, Havertz, Mount e Ziyech”.

Su Giroud: “È un grandissimo professionista, c’è sempre nel momento del bisogno. Prima della finale di Europa League, Zola mi chiese che formazione volevo proporre: gli dissi che avrebbero giocato sicuramente Giroud e Pedro e gli altri nove avrebbe anche potuto sceglierli lui. Entrambi non hanno mai fallito una finale”.

Su Pedro: “Quest’anno non ha potuto giocare partite decisive. Non sbaglia mai la partita importante, ho un debole per questi giocatori piccoli, rapidi e tecnici. È sottovalutato, ha vinto tutto”

Sulla coppia Kantè-Jorginho: “Jorginho è più adatto a tre, ma si adatta a tutto. Kantè è mostruoso, ad altissima velocità fa 3,5 km mentre la media è di 2,2 km. Recupera migliaia di palloni, può giocare sia a due sia a tre. Sono giocatori di livello non indifferente che in questo momento non possono venire in A”.

Sulla Nazionale: “Non ho seguito molto l’Europeo ma ho visto quasi tutte le partite dell’Italia e mi sembra sia quella che palesemente gioca il miglior calcio. Già dalle scelte mi aspettavo una squadra brillante e tecnica. Mancini è stato bravo a scegliere i giocatori giusti per il calcio che aveva in mente”.

Su Spalletti al Napoli: “Non l’ho sentito nell’ultimo periodo. Ha l’esperienza giusta per gestire qualsiasi squadta in qualsiasi situazione. A Napoli è dura, De Laurentiis non è un presidente semplice, ma i risultati li porta”.

Su Lotito: “Per quanto visto finora c’entra poco con De Laurentiis, ma nel pre-campionato è tutto bello e facile. Mi auguro di aver avuto la sensazione giusta”.

Su Beoni: “Non mi seguirà alla Lazio. Abbiamo dovuto ridimensionare il numero di collaboratori e per ora è a casa, ma ci rimarrà pochissimo. Ha fatto una carriera nettamente inferiore alle sue potenzialità e alla sua bravura”.