Longhi al giovedì – Juve spenta e sconfitta, pari per un ottimo Napoli

Dell’Atalanta abbiamo scritto la settimana scorsa, celebrandola giustamente per la larga vittoria ottenuta contro il Valencia che ha ipotecato uno storico passaggio ai quarti di Champions. Traguardo a cui ha il dovere di ambire anche la Juventus, la cui strada si è fatta un po’ in salita con la sconfitta in casa del Lione. Il gol di svantaggio è sicuramente ribaltabile all’Allianz Stadium, ma ci si aspettava una Juve diversa in casa di una squadra della quale è nettamente superiore. Con quella in terra francese, sono cinque le sconfitte stagionali: quella di Champions si è aggiunta alle tre in campionato e alla finale di Supercoppa, per poco non ne arrivava un’altra anche in Coppa Italia contro il Milan, evitata grazie ad un rigore molto dubbio fischiato nei minuti finali. Questa Juve è ancora in corsa per tutti gli obiettivi, ma deve necessariamente cambiare passo altrimenti rischia di impantanarsi, e le perplessità di oggi possono diventare le amarezze di domani. A partire dalla gara di domenica contro l’Inter, che non sarà mai come tutte le altre, servirà una prestazione all’altezza di una sfida da scudetto, a differenza dell’anno scorso, per fare un esempio, non ci si può permettere di lasciare punti per strada, anche perché c’è una Lazio che, più che mai, crede al tricolore. Si pensava che, a questo punto della stagione, la Juve di Sarri sarebbe già entrata nei cuori dei tifosi, invece, ce ne sono tanti che addirittura (forse un po’ prematuramente) invocano l’esonero del tecnico toscano, reo di non aver dato equilibrio alla squadra e di non incarnare lo stile juventino. Si è ancora in tempo per dissipare queste ombre e raggiungere gli obiettivi prefissati, sulla forza dell’organico c’è poco da discutere, chi si accomoda in panchina è spesso più forte di chi scende in campo, ma se non c’è la quadratura del cerchio il valore complessivo viene annacquato. Complimenti al Napoli di Gattuso, che merita elogi ma che paradossalmente si allontana dai quarti. Sicuramente con tutti i problemi di quest’annata nessuno ha mai pensato anche per un secondo di poter eliminare il Barcellona, ma tenergli testa e rammaricarsi per un pari, significa che la differenza di valori in campo è stata annullata. Ed è stato bravo Gattuso a preparare la partita con una intelligenza tattica tale da, appunto, annullare il divario tecnico tra le due squadre, facendo sì che il Barcellona non trovasse mai la via della porta, a parte un’occasione puntualmente capitalizzata. La rabbia del Napoli è figlia proprio di quest’aspetto, aver subito gol nell’unica occasione concessa ai campioni di Setién. Per il resto, gli azzurri hanno inaridito il gioco catalano, addomesticando anche un mostro sacro come Messi che, nel tempio di Maradona, ha offerto una prestazione opaca e sottotono. Merito di un Napoli che ha chiuso tutte le linee di passaggio agli avversari riuscendo a confezionare il vantaggio con una perla di Mertens che, con il suo 121esimo sigillo, è assurto in cima alla classifica cannonieri della storia del club partenopeo. Dopo il pari di Griezmann nella ripresa, gli azzurri hanno collezionato almeno tre nitide palle gol, la più clamorosa con Callejon che non è riuscito a mantenere freddezza e lucidità per giustiziare ter Stegen. Il discorso qualificazione si è complicato, appare quasi impossibile che il Napoli possa andare a violare o impattare – siglando più di un gol – nella bolgia del Camp Nou, benché il Barcellona sia privo di altri elementi importanti come Busquets e Vidal. Una squadra di un livello così alto non può mai appellarsi alle assenze, basti pensare alla vittoria ottenuta a San Siro contro l’Inter con una formazione infarcita di giovani. Malgrado ciò, si ha il dovere di affrontare la gara senza partire battuti, l’andata ha dimostrato che, con sacrificio, applicazione e solidità, questo Napoli riesce a dare del filo da torcere alla capolista della Liga.

A cura di Maurizio Longhi