Longhi al giovedì – Il record dell’alternativa diventata stella

Merita un focus particolare, lui che è a Napoli da sette anni e viene chiamato “Ciro” diventando un beniamino dei tifosi partenopei, che ormai lo considerano a tutti gli effetti un concittadino. Dries Mertens, in una serata, ha raggiunto e superato il record di gol di Maradona, prima 115 e poi 116, in una partita che potrebbe anche essere decisiva ai fini della qualificazione agli ottavi di Champions del suo Napoli. Era piena di insidie la trasferta della Red Bull Arena, contro un Salisburgo impressionante per intensità e fisicità, non è un caso che abbia rifilato sei gol al Genk e recuperato ben tre gol di svantaggio nella bolgia di Anfield Road nella tana del Liverpool. Lo può fare solo una squadra con qualità importanti, con valori indiscutibili, dotata di giovani con profili da predestinati. Mertens, in una trasferta molto delicata, si è preso la scena come solo lui sa fare, sbloccando prima la gara con un destro terrificante per poi riportare il Napoli in vantaggio facendosi trovare pronto in area da vero attaccante. E pensare che nei primi tre anni in maglia azzurra era impiegato come esterno sinistro e non era neanche titolare, subentrava spesso e volentieri a partita in corso riuscendo ad essere devastante rompendo gli equilibri. Chi immaginava che sarebbe diventato un bomber, ruolo che gli ha cucito addosso Sarri nel momento di necessità. Era un Napoli che si era ritrovato privo della sua punta di diamante, Higuain, accasatosi proprio con gli eterni rivali della Juventus, per sostituirlo la società aveva investito su Milik, che dopo pochi mesi aveva subito un bruttissimo infortunio. Gabbiadini non convinceva in quel ruolo, gennaio era lontano, che soluzione adottare? Perché no Mertens? A volte succede che la mossa della disperazione si riveli più illuminante che mai. Mertens aveva iniziato a segnare gol a grappoli, tante sono le prodezze che si potrebbero narrare e rimembrare. Si pensi a quel pallonetto contro il Torino, con Chiriches che dalla difesa sgranava gli occhi e scuoteva la mano come a dire “ma che ha combinato?”. È stato lui a far tremare il Real Madrid in quel primo tempo pirotecnico al San Paolo, ma sono innumerevoli le partite in cui è stato protagonista con gol sensazionali e giocate da fuoriclasse.
Era devastante quando partiva largo a sinistra, spaccava le partite come pochi, ma lo è altrettanto al centro dell’attacco, dove si pensava che sarebbe stato fagocitato dai difensori. Macché! I suoi movimenti, la sua verve, la sua imprevedibilità, il suo cinismo lo rendono un attaccante tra i più temuti, del resto non si segnano 116 gol con la stessa squadra per caso, ci vuole il talento e lui ne ha da vendere. Questo editoriale non vuole essere un panegirico verso un giocatore, bensì un omaggio dovuto a chi è appena entrato nella storia di un club superando il numero di gol di un certo Diego Armando Maradona, il più forte di tutti i tempi, l’insuperabile, l’inarrivabile, potremmo dire. Ha fatto discutere la sua esultanza goliardica proprio dopo il gol con cui ha raggiunto il Pibe de Oro (poi lo avrebbe superato nella ripresa), un gesto sicuramente non edificante, o quantomeno intemperante, ma fatto con il sorriso, come se stesse al bar con gli amici quasi dimenticandosi delle telecamere, era meglio una provocazione? Come quando si zittisce il pubblico trasudando una deprecabile arroganza o ci si porta le mani verso le parti basse sotto il settore dei tifosi avversari? Ma forse è meglio coprire gli episodi con un velo di reticenza quando si parla di campioni con la bacheca personale piena di titoli, riconoscimenti e onori. Spesso si cerca la polemica anche quando non esiste, l’aspetto grave è quando si passa a seconda dei casi e dei protagonisti da tolleranti a puritani. Chiusa la parentesi, a Mertens vanno tributati solo applausi perché ogni anno riesce ad incidere facendo capire di essere difficilmente surrogabile, come succede quando ci si rende conto di avere in squadra un giocatore atipico. Avrà anche 32 anni, ma è nel pieno della forma, il presidente De Laurentiis dovrebbe blindarlo fugando tutte le voci di un suo possibile addio. E non sarebbe il contentino per un professionista esemplare, bensì la volontà di puntare, a ragion veduta, su un giocatore esplosivo che ha ancora tanto da dare, sicuramente non da dimostrare.

A cura di Maurizio Longhi