Longhi al giovedì – È una Atalanta da sballo

La copertina di questa settimana è tutta per l’Atalanta, e non può essere altrimenti. La favola del calcio continua e, come ogni favola che si rispetti, c’è prima un bosco buio e tenebroso da attraversare. La Dea sembrava inadeguata a determinati livelli dopo le prime tre gare di Champions con tre sconfitte sul groppone e una quantità industriale di gol subiti. Oltre a perdere le partite, si rischiava sempre di perdere anche la dignità. Si diceva che servisse un miracolo sportivo per centrare l’Europa League, ma quasi tutti pensavano che l’Atalanta fosse destinata a chiudere mestamente il girone da Cenerentola, a proposito di favole. Invece, quella voce flebile dell’esordio si è trasformata in un ruggito fragoroso e terrificante, tant’è che la squadra di Gasperini, non solo vinceva, bensì stravinceva. Come ha fatto nell’andata degli ottavi di finale contro il Valencia mandando in brodo di giuggiole il pubblico di San Siro, in quello stadio in cui Milan e Inter anni fa costruivano i grandi successi per issarsi sul trono d’Europa. Questa realtà di provincia, invece, ha chiesto umilmente ospitalità alla Scala per questi grandi appuntamenti, chissà se dalle parti di Bergamo avrebbero mai immaginato di vivere simili notti. L’Atalanta è protagonista della Champions, ormai ci sono tutte le possibilità per approdare addirittura ai quarti, tra le migliori otto d’Europa, se non è un sogno che si realizza poco ci manca. Bisognerà difendere il 4-1, non sarà una passeggiata nella bolgia del Mestalla, ma quest’Atalanta sarebbe capace addirittura di uscire indenne. L’importante è andarsela a giocare con umiltà, senza la presunzione di pensare che i giochi siano fatti, altro che fatti, c’è da giocare un ritorno che richiederà prudenza, concentrazione e applicazione. Vantaggio di Hateboer, capolavoro di Ilicic, prodezza di Freuler e altro colpo ferale ancora di Hateboer, un poker che aveva mandato in estasi una Italia intera, senza campanilismi di sorta, perché un po’ tutti sentivano il desiderio di applaudire quella squadra che ne sottometteva un’altra con tutto il suo blasone.
Solo sul 4-0 c’è stata una piccola disattenzione e gli spagnoli hanno segnato un gol che, in teoria, dovrebbe dare un senso al ritorno. Il calcio ci ha abituato a rimonte clamorose e impensabili, ma questa Atalanta dovrà giocare con lo stesso spirito e la stessa intraprendenza di San Siro per non dilapidare un vantaggio di tre gol. Anche il calcio insegna che a volte bisogna toccare il fondo, sperimentare delle umiliazioni e lo scetticismo della gente, prima di prendersi la scena e far parlare di sé in termini di apprezzamento, entusiasmo e gloria. Quell’Atalanta che sembrava tagliata fuori dopo tre giornate, ha avuto il merito di crederci sempre, fino all’ultimo, arrivando agli ottavi e demolendo letteralmente un Valencia uscito da Milano stordito e frastornato. Gasperini ha creato un’orchestra perfetta, dove brillano le stelle del Papu Gomez e di Ilicic ma, per il resto, ci sono tanti gregari dei quali vengono valorizzate le qualità facendo sì che ciascuno possa esprimersi al meglio. Questo è uno dei segreti di questa Atalanta dei miracoli, il fatto che ciascun giocatore sappia cosa deve fare e a stagliarsi non è mai un singolo, bensì sempre il collettivo. E quando il collettivo funziona, ogni singolo elemento si esalta sfoderando prestazioni sontuose e attirando su di sé le attenzioni di tantissimi club ambiziosi. Si sperava in una Atalanta che potesse dare del filo da torcere al Valencia, ma chissà quanti la prevedessero così deflagrante e devastante, dando anche una immagine positiva di un campionato, come quello italiano, che può sfornare una matricola capace di strappare applausi anche nella grande Europa. La Dea ha fatto capire che, indipendentemente da chi si trovi di fronte, la ferocia con la quale affronta le gare è sempre la stessa, quella tipica di chi non ha nessuna intenzione di smettere di stupire. Chapeau al capolavoro di mister Gasperini.

A cura di Maurizio Longhi