Longhi al giovedì

La Coppa Italia più imprevedibile che mai, come la Premier
Sta calando il sipario sul calciomercato, che non ci ha riservato grandissimi colpi, ma negli ultimi due giorni è successo di tutto sul rettangolo di gioco, al di là di voci, indiscrezioni e trattative. Proprio una delle operazioni più rilevanti, quella che ha portato Piatek al Milan per sostituire Higuain approdato al Chelsea, ha dato subito i suoi primi frutti. Il bomber polacco, infatti, al suo esordio da titolare con la maglia rossonera, ha colpito e affondato il Napoli. Due gol da attaccante di razza con cui gli uomini di Gattuso hanno estromesso dalla competizione la seconda forza del campionato. L’allievo Rino ha battuto il maestro Carletto, il quale è salito sul banco degli imputati dal momento che, se la Coppa Italia rappresentava un obiettivo stagionale, ci si chiede come mai la sua squadra abbia affrontato la gara con quella approssimazione, con quella superficialità, con quella svogliatezza. C’è tanto malumore nell’entourage partenopeo per una sconfitta che brucia tantissimo e per una prestazione che ha visto il Napoli involuto, inerme se non addirittura impotente. A queste tre I, se ne può aggiungere un’altra, l’ultima, ma forse ancora più esplicativa: imbarazzante. Chi immaginava ciò che sarebbe successo il giorno dopo. La Roma, che in campionato era stata capace di dilapidare un triplo vantaggio in casa dell’Atalanta, ha addirittura subito un inequivocabile quanto mortificante 7-1 contro la Fiorentina, segno che qualcosa proprio non va nello spogliatoio. Anche nel caso dei giallorossi, mister Di Francesco non è rimasto esente da critiche feroci, e non poteva essere altrimenti perché è lui il timoniere di questa barca alla deriva. Proprio quando la Roma sembrava essersi ripresa, sono arrivate queste scoppole, il punto di Bergamo equivaleva ad una sconfitta per come maturato, poi la Caporetto di Firenze assume le sembianze di un de profundis. Un altro 7-1 che peserà sulla storia del club, dopo quelli incassati contro Manchester United e Bayern Monaco, queste sono sberle che fanno proprio male, soprattutto all’autostima.
Clamoroso anche quanto successo all’Azzurri d’Italia, dove la Dea ha ammaliato la Vecchia Signora. Finora la Juve non era mai caduta in campionato, l’ha fatto in Coppa Italia nella maniera più impensabile, annientata come una squadra qualsiasi da un’avversaria che, però, continua a far parlare di sé in termini più entusiastici che mai. La si può definire l’Atalanta dei miracoli, quanti avrebbero avuto la forza di rimontare una partita, quella contro la Roma, in cui si soccombeva sotto di tre reti, e c’è mancato poco che non ci fosse addirittura un ribaltone completo. Prima della gara con la Juve, magari si diceva che per CR7 e compagni non sarebbe stata una passeggiata, ma chi immaginava che gli orobici addirittura travolgessero i campioni d’Italia. Una sconfitta che fa male per la Juve perché ha mandato in frantumi il sogno del Triplete, è bastata una serata storta perché sfumasse un obiettivo. Davvero non ci sono aggettivi per descrivere questa Atalanta, trascinata dalla sapienza di Gasperini e da quel cecchino di Zapata, diventato un animale indomabile d’area di rigore arrivando a stendere anche la Juve con una doppietta. Il colombiano è tra gli attaccanti del momento nel campionato italiano, insieme a Quagliarella, in gol per undici partite consecutive, un record che apparteneva a Batistuta, Muriel e Piatek, che pare proprio abbiano deciso di indossare le maglie rispettivamente di Fiorentina e Milan per miracol mostrare. E Higuain che dice al Chelsea? Non poteva pensare ad un debutto peggiore, con i Blues annichiliti da un poker contro il Bournemouth e con il rischio di compromettere anche la qualificazione alla prossima Champions. Sono già cinque le sconfitte in campionato per il Chelsea, un po’ troppe, ma solo una in meno rispetto al Manchester City, sconfitto dal Newcastle, che sembrava l’unica capace di contendere la leadership del Liverpool che, però, pareggiando col Leicester, ha sprecato la possibilità di solcare un divario di sette punti, che sarebbe stata una bella ipoteca su un titolo che ad Anfield manca da ventinove anni.