Longhi al giovedì – 3 ottobre

Non è questione di motivazioni, neanche di sfortuna, sono le idee che mancano. Il riferimento è al Napoli visto contro il Genk, ma la sensazione è che dal ko interno con il Cagliari qualcosa si sia inceppato. Come se la squadra avesse perso certezze e smarrito se stessa. Domenica scorsa, contro il Brescia sembrava che la pratica fosse archiviata alla fine del primo tempo con gli azzurri in vantaggio di due gol e in pieno controllo della partita. Nella ripresa, il Napoli si è ricordato della sua abitudine di regalare un tempo ed è sparito dal rettangolo di gioco, permettendo alle rondinelle di accorciare le distanze e di mettere le tende della metà campo partenopea fino all’ultimo secondo di recupero. Una sofferenza incredibile che ha contrariato anche Mertens, il quale a fine gara si è presentato ai microfoni dicendo che non si può soffrire così tanto. Contro il Genk, si sapeva che la trasferta avrebbe presentato delle insidie, parliamo sempre di Champions, ma si andava ad affrontare un avversario tra i più modesti della competizione, che ne aveva beccate sei dal Salisburgo alla prima giornata del girone nonché in pieno affanno anche in campionato. Il Napoli non è riuscito a scardinare il bunker belga producendo tre occasioni limpide nel primo tempo divorate in modo clamoroso da Milik, un altro elemento che pare aver perso certezze e fiducia. Nella ripresa, è stato Callejon a divorarsi una occasione colossale, ma è stato tutto il Napoli ad aver offerto una prova incolore, opaca e sottotono. Sembrava il remake della gara contro la Stella Rossa di Belgrado dello scorso anno, si parlò di sfortuna, si è fatto lo stesso contro il Cagliari, lo si fa anche dopo lo scialbo pari nelle Fiandre? Le scuse sono per i perdenti, la verità è che al Napoli manca fame, foga agonistica, cattiveria, queste sono le cause dei risultati deludenti, non la malasorte.
Lo scorso anno, i due punti lasciati a Belgrado hanno pesato tantissimo nell’economia del girone, stavolta si spera che non sia così, che la squadra possa trarre il massimo dalla doppia sfida contro il Salisburgo, che sarà decisiva. Una squadra da non sottovalutare, quella allenata da Marsch, per una serie di motivi. Due anni fa, eliminò la Lazio dall’Europa League, la scorsa stagione ha fatto capire proprio al Napoli quanto sia temibile tra le proprie mura, mentre quest’anno ha prima travolto il Genk per poi andare a giocarsela ad armi pari ad Anfield recuperando uno svantaggio di tre gol perdendo di misura ma uscendo a testa altissima. Il Napoli visto nelle ultime settimane, farebbe fatica contro la compagine austriaca, manca l’intensità, il dato è incontrovertibile, serve a poco dare in escandescenze quando lo si fa notare. Le squadre che non hanno equilibrio, come il Napoli, offrono una prestazione da applausi contro il Liverpool per poi offrirne una diversa a Genk. Ciò denota anche una mancanza di mentalità vincente, quella che avrebbe dovuto infondere un allenatore pluridecorato come Ancelotti che, dopo un anno di lavoro, ancora non è riuscito a dare un gioco né una fisionomia al suo Napoli. Il dato è allarmante, anche considerando le farneticanti dichiarazioni dello stesso tecnico di Reggiolo che, sia dopo la sconfitta col Cagliari che nel post-gara di Genk, ha lodato la prestazione. Se lui ha motivi per essere soddisfatto, non sono dello stesso avviso i tifosi, che da più di un anno ormai non si emozionano più vedendo all’opera questa squadra, che si affida più alle giocate dei singoli che a dei meccanismi collaudati. C’è sempre qualcosa che non va: nelle prime partite era la difesa che subiva troppi gol, nell’ultima settimana è affiorata una inattesa sterilità offensiva. Se si lavora su un aspetto, poi ce n’è un altro che si inceppa, questo succede quando manca equilibrio ed armonia tattica, difetti che si esasperano ulteriormente con l’ossessione del turn over massiccio.

A cura di Maurizio Longhi