Il punto di Calvano – 9 dicembre

Simone Inzaghi e la Lazio, la Lazio e Simone Inzaghi. Non è mai facile essere nella stessa piazza per più cicli, quelli che ci sono riusciti si possono davvero contare sulle dita di una mano. È più facile cambiare allenatore che un gruppo di 7/8 giocatori, con il cambio della guida tecnica tutti hanno meno alibi e non c’è rilassamento. La Lazio ci ha pensato, per poco, forse, ma ci ha pensato, Simone dal canto suo ci ha pensato parecchio, il ciclo con la vittoria della Coppa Italia era terminato e lui è cambiato, è maturato, ha acquisito la mentalità da tecnico. È passato da ex giocatore ad allenatore vero e proprio. Sì, perché o l’esperienza la fai nelle serie minori o la devi acquisire strada facendo rischiando del tuo, vedi esperienza del fratello Filippo, catapultato alla guida del Milan e poi bocciato con relativa e giusta ripartenza dalla serie Pro, o Brocchi, sempre tra le fila del Milan. Simone è riuscito nei primi due anni di Lazio a creare un gruppo unito dove lui veniva visto più come un compagno che un mister vero e proprio, 11 titolari e buone idee tattiche dove fin dalle prime scelte si capiva che sarebbe da li a poco divenuto un bravo allenatore.<br> Bruciarsi in una città come Roma è un attimo, ma i risultati sono arrivati, una Supercoppa che resterà per molti anni impressa nella memoria, una Coppa Italia e l’ostilità di una parte dei tifosi contro il Presidente che distoglie, ancor oggi, l’attenzione dalla squadra e consente a Inzaghi di lavorare tranquillo.
Lui da quest’anno è l’allenatore della Lazio in tutto e per tutto, non si guarda più in faccia a nessuno, ricordate Immobile e la sostituzione a inizio campionato? Simone ora ragiona e si muove come un mister, giovane, ma sempre mister della Lazio, una delle squadre italiane che ogni anno lotta per la zona Champions. Le scelte sono rispettate, lui ci mette la faccia e la società fa scudo sempre, ma fondamentalmente sono i risultati a parlare; in tutti i campionati è cosi, se la squadra va male il primo a pagare è l’allenatore.
A Milano, con il Milan, in campionato, non si vinceva dal 1979, in casa contro la Juventus da 13 anni, Inzaghi sta, mattoncino dopo mattoncino, costruendo la sua carriera d’allenatore, i tifosi laziali sperano che sia stile Sir Alex Ferguson nel Machester United, ma sappiamo che l’Italia non è l’Inghilterra e che tutto dipende dai risultati.
Intanto davanti a Sarri la Lazio ha dato spettacolo, è andata sotto con il gol di Ronaldo, ha recuperato con la capocciata di Luiz Felipe, Milinkovic, poi, sull’ennesimo assist di Luis Alberto, realizza il sorpasso con un gol bellissimo e Caicedo chiude la partita a tempo scaduto. È mancato l’acuto di Immobile, il rigore parato da Szczesny è tanta roba, ma Ciro ha corso per novanta minuti e ha aperto varchi per i suoi compagni e, per una partita, ci può stare di rimanere a secco.
Inzaghi nemmeno davanti ai campioni in carica da otto anni rinuncia al credo di questi ultimi tempi, si era parlato in settimana di un Parolo da inserire a centrocampo o di Caicedo al posto di Correa, lui conferma i quattro dell’apocalisse in campo contemporaneamente, Leiva se ne dovrà fare una ragione semmai si fosse posto il problema. Milinkovic, Luis Alberto, Correa e Immobile per un reparto avanzato che può fare invidia a chiunque, un equilibrio che si trova con la voglia dei calciatori di lottare tutti per il bene della squadra, il gesto di Milinkovic a lustrare gli scarpini a Luis Alberto dopo il secondo gol per l’assist ricevuto la dice tutta sul concetto di squadra di questa Lazio. Lo spagnolo è in cima a tutte le classifiche europee come assist man, sembrava essere tornato nel limbo dopo la non propria bella stagione dell’anno passato, invece insieme al mister, che su Luis Alberto ci ha sempre puntato, fin dal primo insediamento a Formello, dove lo spagnolo non era buono nemmeno per rasare il giardino, ha ricostruito il suo gioco, nella mente e nelle gambe, 10 metri più indietro di un anno fa, diventando centrocampista con licenza di costruire palle gol e assist per i propri compagni correndo, però, come un mastino. Inzaghi ci ha creduto e lo spagnolo ci ha messo del suo. Se la Lazio di questi tempi è terza in classifica il merito è soprattutto loro insieme, poi, a Immobile e a tutto il resto descritto prima.
Ultima cosa: a Roma già si mormora la parola scudetto, lotta all’Inter a alla Juventus. Stiamo calmi, la Lazio è stata costruita per essere stabilmente in Europa League e, semmai steccasse una grande, per poter lottare per uno dei posti Champions. Il monte ingaggi della Juventus, dell’Inter, del Napoli e della stessa Roma sono superiori e di tanto cosi come il fatturato, la Lazio ci deve provare con i suoi mezzi che in realtà non sono pochi, specialmente quest’anno, dal momento che finora tutto gira nel verso giusto. Sognare non costa nulla, ma i sogni lasciamoli ai tifosi, ai bambini che indossando la maglia di Immobile toccano il cielo con un dito, noi dobbiamo raccontare la verità senza illudere nessuno. Verona, anno 1984/85, Leicester 2016/17 sono le classiche favole che capitano ogni 30 anni.
GIUSEPPE CALVANO