Il punto di Calvano – 22 aprile

Davvero tutto? Fino a quando i potenti del baraccone riusciranno a tirare la corda e spremere come un limone l’amore e la passione di malati di pallone?

È la domanda che mi attanaglia da quache giorno, volete esempi? Eccoli, cominciamo dalla prima in classifica, la vincitrice di ben otto scudetti consecutivi, finalista due volte della Champions e praticamente sempre presente almeno ai quarti di finale, quella Juventus tanto tanto odiata e presa in giro dopo l’eleminazione martedì scorso da parte dell’Ajax che però scalfisce tutto il mondo juventino tranne la società e i tesserati Juventus. Con l’acquisto di Cristiano Ronaldo tutti abbiamo pensato che l’obiettivo massimo fosse la vittoria finale, vincere il trofeo tanto agognato, rialzare la coppa dalle grandi orecchie, che manca dal 1996, invece la società con il suo bilancio ha dichiarato che i quarti erano l’obiettivo minimo, quello che consente il ritorno dei soldi investiti, il risultato che, a inizio stagione, la società ha chiesto al proprio staff, tecnico compreso per far tornare la quadra dei conti. Perchè per far tornare i conti non bisogna vincere, bisogna rispettare gli obiettivi predisposti dal rendiconto annuale dei costi e benefici. Quindi in soldonì una finale persa vale più di una finale vinta, a volte.

Andiamo avanti, la seconda in classifica della serie A, il Napoli, è fuori dalla Europa League e mai stata in concorrenza davvero per la lotta scudetto. Per tutti i tifosi partenopei è crisi nera, Insigne fischiato, un campionato, leggendo le penne napoletane, da 5 in pagella. Poi viene la parte finanziaria, secondo posto che garantisce milioni della Champions e un monte ingaggi che di certo non vede il Napoli tra le top ten delle squadre europee e che quindi un quarto di Europa League è ben coperto e un ottimo risultato. Società contenta e pronta per qualche cessione importante per coprire un’eventuale campagna acquisti degna per poter centrare il prossimo obiettivo. Quindi ancora una volta lottare per non vincere, ma restare a galla, un po’ come sta facendo la Roma da anni, acquisti e cessioni illustri e un giro di soldi impressionanti senza un minino di trofeo in bacheca. L’importante è arrivare tra i primi quattro, fondamentale poter partecipare alla spartizione di quella immensa torta chiamata Champions Legue.

Ma si può andare avanti anche con le altre squadre, Lotito settimane fa ha detto che la Champions non era indispensabile, ma come? Con una Lazio lanciata nel dopo derby e la vittoria a Milano con l’Inter il presidente dichiara una cosa del genere? Sono anni che la Lazio lotta per il posto nell’Europa che conta e il massimo dirigente si esprime cosi? Ovvio, se arrivasse il quarto posto ci dovrebbere essere investimenti, alzare il monte ingaggi e partecipare a un tavolo dove non si hanno o non si vogliono avere i giusti mezzi per competere. Molto chiaro, meglio un quinto, sesto posto e giostrare i soldi per l’obiettivo dichiarato. E i tifosi? E la stampa? Si mangia il prossimo allenatore, si distrugge il prossimo attaccante e la storia continua a ripetersi.

Dopo tutte queste parole essere ottimisti per il proseguo del calcio in questa maniera porta quasi al delirio, ma si torna alle prime parole dell’articolo, la passione, l’amore per la maglia, il sogno di vincere, di festeggiare in piazza una qualsiasi Coppa Italia forse è troppo grande per le realtà che ci sono dietro e che in tanti se ne fregano di guardare, alla fine cosa è il calcio? 22 uomini in mutande che corrono dietro a un pallone…

Ah, scusate, c’è da fare i complimenti alla Juvenuts per l’ottavo scudetto di fila, il quinto di mister Allegri dal subentro ad Antonio Conte. Del campionato più bello al mondo restano sole le briciole, almeno in Europa, i quattro allenatori che si giocheranno la vittoria finale sono mister che in bacheca non ne hanno di vittorie cosi importanti, Erik Ten Hag, Jurgen Klopp, Mauricio Pochettino e Ernesto Valverde sono tutti alla ricerca del primo trofeo veramente importante per la loro carriera e solo questo già porta curiosità e interesse per le semifinali.

Forse il calcio non morirà mai, si rigenererà ancora una volta e andrà avanti per la sua strada, e queste parole resteranno soltanto come constatazione di un momento in cui il calcio, quello italiano, è preda di un circolo vizioso dove a tutti i protagonisti della giostra, tranne ai tifosi, sta bene tutto, l’importante è la spartizione raggiungendo il minimo necessario.

A meno che, per esempio, l’Atalanta … ma non succederà.

GIUSEPPE CALVANO