Simone Galdi

ESCLUSIVA – Intervista a Simone Galdi: “Nessuna garanzia in camera di compensazione in lega calcio per la Sampdoria, Vignato lontano da Genova”, infine su Wembley 92’…

Al netto di quanto detto poc’anzi da te, perciò quali potrebbero essere i papabili profili sui quali potrebbe virare la società blucerchiata e che possano in qualche modo aiutare la formazione a raggiungere i propri obbiettivi?

“Secondo me sarà difficile individuare un nome per la Sampdoria, perché comunque ha una rosa folta sotto un punto di vista, e corta da un altro. È stato preso Bertolacci dalla lista svincolati, ma ha qualche problema fisico che si porta ormai dai tempi del Milan. Appena arrivato è stato inserito a centrocampo, difatti lui potrebbe essere un giocatore simile a Praet e molto utile alla causa blucerchiata. Vi è anche Leris, che evidentemente è più un esterno che un centrocampista, Eusebio Di Francesco, lo aveva testato lì, ora Claudio Ranieri lo sta inserendo con maggiore frequenza. Purtroppo la Samp, deve trovare un equilibrio molto difficile per cercare di segnare di più, perché attualmente è uno degli attacchi peggiori della Serie A, perciò fare un nome è difficile. Io spero che possa arrivare un centrocampista capace di inserirsi e segnare, ma paradossalmente potrebbe andar bene questo centrocampo, almeno a livello di nomi, se si dovesse fare in modo di prendere un attaccante di peso che possa fare la differenza, dal momento in cui sfortunatamente Fabio Quagliarella quest’anno non è stato capace di replicare la fantastica stagione del 2018/19. Inoltre, al suo fianco sembra capace di prendersi la capacità di siglare dici o quindici gol, perciò faccio fatica ad individuare un solo nome e vorrei che la Samp riuscisse a colmare quel vuoto nel reparto offensivo, perché non è possibile aver il quarto peggiore attacco del campionato”.

Nel corso di questa prima parte di stagione abbiamo potuto vedere le difficoltà che hanno avuto alcuni giocatori come Leris, Thorsby e anche Depaoli, bravi e talentuosi, ma poco utili alla causa blucerchiata. Secondo te qualcuno di essi potrebbe partire durante la sessione di mercato invernale, per permettere loro di crescere in un campionato minore come la Serie B, facendogli trovare maggiore spazio e fiducia sé stessi, per virare ad un profilo esperto che possa offrire più qualità che quantità, al netto di quanto visto fino a quest’oggi?

“La Sampdoria, come già fatto nelle scorse stagioni ha preferito virare su profili non ancora affermati per poi farli crescere, penso ad esempio a Nicola Murru, che in questo momento è una certezza sulla corsia mancina, ed arrivò dal Cagliari con le stesse premessi di quelli citati da te. Depaoli è necessario tenerlo visto l’infortunio di Bereszynski, perciò non dovrebbe andar via per nessun motivo. In Leris è stata riposta fiducia da parte di Ranieri, perciò in qualche modo la Sampdoria in questo momento ci punto, lo stesso discorso vale per Thorsby. Quest’ultimo nonostante sia arrivato e sia stato considerato ultima scelta per Di Francesco, ma con l’arrivo del nuovo tecnico ha subito trovato spazio nella sfida di Ferrara e comunque ha mostrato dei progressi. Ricordo che la Cremonese aveva tentato di farlo suo in chiusura di calciomercato estivo, salvo poi rinunciare al prestito, segno evidente che nemmeno i grigiorossi si fidassero di questo profilo. Al netto di ciò, la Sampdoria in questo momento per poter mandare via deve avere la certezza che ci sia un titolare e un rincalzo inamovibile. Inoltre è un problema individuare un profilo, perché la Sampdoria non ha le garanzie in camera di compensazione in Lega calcio, ha bisogno di trovare le fideiussioni entro febbraio e in questo momento il presidente Ferrero, sembra che non abbia queste garanzie economiche. Ciò è un grosso guaio per una squadra che si deve salvare, che non ha una rosa competitiva per fare un campionato tranquillo”.

Noi tutti, o comunque ogni appassionato di calcio e tifoso penso non possa immaginare una possibile retrocessione della Sampdoria. A mio avviso risulterebbe molto danno per i diritti d’immagine e per la tifoseria, oltre che per la società. Al netto di ciò, da quando è arrivato alla guida tecnica dei genoani Ranieri, il quale da giusto traghettatore, sta traghettando il club verso una salvezza tranquilla, te pensi che ci possa essere una svolta a livello di risultati e classifica?

“Innanzitutto bisognerebbe fare i complimenti a Claudio Ranieri, che si è rimesso in gioco dopo i trionfi con il Leicester ed una carriera lunga e blasonata, trascorsa su alcune delle panchine più importanti d’Europa. Gli fa altrettanto onore l’esser entrato nel mondo Sampdoria in un momento non facile, lavorando anche in maniera egregia, che dimostra quanto sia un vero protagonista e con delle idee concrete. Riprendendo il discorso retrocessione, indubbiamente il danno d’immagine che ne potrebbe derivare da un’eventuale retrocessione sarebbe terribile, anche perché la Sampdoria ne ha subita una in maniera rocambolesca nel 2001, quando partì da squadra Champions, per poi ritrovarsi come terzultima forza del campionato italiano. Perciò anche la piazza in parte conosce ciò che ne deriva da questi avvenimenti, la tristezza di dover disputare un campionato di Serie B, il quale non è assolutamente facile da vincere. La formazione blucerchiata se al momento ha tre squadre dietro, lo deve solo ad una combinazione di risultati favorevoli, ovvero: il pareggio del Parma negli ultimi istanti di gara contro il Brescia, e la sconfitta casalinga del Lecce contro il Bologna. Al contrario, se ciò non fosse accaduto staremo parlando di una Samp in terzultima posizione. Oltre a questo, a me preme molto sottolineare un altro discorso, riguardo al probabile futuro calcistico della società, ovvero: la Samp ha degli obbiettivi sportivi di medio-lungo termine? Mi pongo questa domanda, perché ad oggi l’obbiettivo immediato è la salvezza, ma Ferrero e la società dopo questa stagione cosa vedono? Loro sono intenzionati a far crescere il club portandolo nella zona sinistra della classifica, come quasi era riuscito a fare Giampaolo negli anni scorsi. Secondo me, il vero dilemma è questo, perché la Sampdoria si trova immischiata nella lotta alla salvezza, perché non ha degli obbiettivi migliori da raggiungere nel medio e nel lungo periodo e purtroppo tutto questo lo si vede, non solo in lei ma anche in Fiorentina, Genoa, Udinese, al contrario di Lecce e Spal, con tutto il rispetto per quest’ultime due piazze. Il problema principale è che sul rettangolo di gioco il blasone, quello che hanno certi club, non lo porti, ma ti porti i calciatori, la programmazione del mercato e dei settori giovanili, ed in questo momento la classifica dice che la doria è una delle peggiori cinque squadre della Serie A. Indubbiamente se il tema societario dovesse cambiare, con l’auspicio da parte della tifoseria che Ferrero possa vendere la società a imprenditori con un progetto serio e diverso al suo, ciò cambierebbe l’umore dell’ambiente e di conseguenza la lotta per la salvezza”.

Al netto di quanto da te esposto in precedenza ti vorremmo domandare due cose: il fatto che anche l’Under 19 blucerchiata non stia trovando i risultati sul campo, può essere strettamente collegato a ciò che accade livello societario? Inoltre, se Ferrero dovesse vendere la proprietà, a tuo avviso ci potrebbero essere alcuni imprenditori italiani ad investire sulla Sampdoria, oppure dovremmo assistere all’arrivo di un imprenditore estero?

“La lunga trattativa che vedeva protagonista Gianluca Vialli, vedeva protagonisti alcuni capitali Americani, imprenditori che hanno affari in Europa e che intravedono nel calcio italiano un business sul quale investire. Sfortunatamente la Sampdoria aveva una proprietà forte, che era italiana, quella della famiglia Garrone e Mondini, primo gruppo petrolifero privato italiano, il ciò significa che stiamo parlando di una potenza. Ma una volta persa quella proprietà essa è finita in mano a Ferrero, il quale di fatto è più un avventuriero, grazie al cinema ed alle sue varie attività, che non lo rendono un imprenditore di lungo corso. Inizialmente il suo arrivo rappresentò uno shock per la piazza e per la tifoseria, perché non si era mai visto un personaggio come Ferrero. Sicuramente un’eventuale cessione sarebbe presa come nota positiva, al di là della nazionalità dei nuovi proprietari. Il fatto, come hai detto te, che sempre più i capitali stranieri entrino a far parte del nostro mondo, non penso debba più stupire ormai, perché sappiamo che le società più forti a livello europeo, hanno capitali provenienti da fuori Europa, perciò non la vedrei male un’operazione del genere. Ma, esiste un tema che ci ricorda ogni settimana l’Atalanta, ci vuole entusiasmo ed una proprietà che sia capace di catalizzare il proprio entusiasmo, parlando in positivo al di là delle vittorie o delle sconfitte. Ritornando all’Under 19, il settore giovanile della Sampdoria non produce un giocatore titolare dall’ormai 2010/11, quando vennero fuori Poli e Vincenzo Fiorillo. Il fatto che non ci sia un giocatore titolare in Serie A, proveniente dal settore giovanile della Sampdoria da ormai dieci anni, la dice lunga su quanto fatto nel corso della presidenza Ferrero, il quale si vanta di aver rinnovato una parte della società e delle strutture, ma di fatto non ha prodotto nessun risultato concreto. La sua presidenza sembra un’operazione di facciata, senza avere nulla di concreto tra le mani e questo deprime l’ambiente. A me viene sempre in mente l’Atalanta, perché il presidente Percassi è un ex calciatore e tifa per i bergamaschi, trasmettendo entusiasmo. Lo si sa che i nerazzurri hanno uno dei settori giovanili più forti in Italia, ma non è solamente la capacità di chi allena e chi fa scouting, ma anche il modo in cui si coinvolge la propria squadra, facendoli sentire importanti. Tutto ciò l’avrebbe potuto fare Vialli, creando un settore giovanile che potesse offrire non solo competenze personali come calciatore, ma anche il senso di appartenenza a un club, proprio come fa il Barcellona. Difatti, se la cantera dei blaugrana è davvero forte, è perché i ragazzi hanno un senso di appartenenza incredibile ciò non va tralasciato”.  

Cosa ne pensi di quanto fatto nei settori giovanili in linea generale nelle ultime stagioni, con le grandi società che spesso hanno puntato a bussare a porte esterne e non nelle proprie?

“La crescita dei giovani, in tutta la filiera del calcio italiano è fondamentale, ed è quello che poi rende un movimento vincente. Secondo me il ct della nazionale, Roberto Mancini, lo ha capito bene, tanto che la sua viene identificata come la nazionale dei giovani. Ma prima di tutto è un fatto culturale, perché rivolgersi all’estero come fa la Sampdoria può funzionare, ma significa privilegiare una risorsa che viene da fuori, perché evidentemente ti concede un vantaggio economico e ti permette di sborsare una cifra minore a livello di cartellino ed ingaggio, permettendoti di avere un guadagno immediato, dopo una ola stagione, vendendo il calciatore e non avendo nessun rimpianto. Diverso è mettere in atto una operazione culturale e sportiva, partendo magari da un giocatore che ha sette anni, facendolo crescere e facendolo esordire in tutte le varie trafile giovanili fino alla Primavera e nella prima squadra. Purtroppo fare ciò costa in tempo, soldi per strutture ed in lungimiranza, ma è evidente che se ciò non viene messo in atto è perché non vi è una società che crede in un certo tipo di sviluppo del calciatore e della persona. È un tema molto dedicato, anche per quanto concerne le ricadute sociali; noi non dobbiamo dimenticarci che il calcio non è solamente il campo, il calcio è tutto ciò che vi è intorno e che coinvolge. Una possibile operazione per far sì che il giocatore provi qualcosa nel vestire una determinata maglia, ha una ricaduta sul cittadino futuro, ma questo dev’essere compreso da chi fa calcio, perché nonostante sia un business, ogni attività ha una ricaduta sociale, perché non esiste impresa umana ed economica finanziaria, che non abbia ricadute, è nella natura umana. L’acquisto di giocatori esteri non ha nulla di male di per sé, io non ho nulla contro un giocatore del Gamia e della Polonia da tifoso della Sampdoria, ma mi rendo conto quanto si bello, importante ed utile che ci fosse anche un diverso modo di coinvolgere il territorio di riferimento”.

Mantenendo aperto il discorso sull’asse di calciomercato tra Chievo e Sampdoria, vorrei parlare di Vignato, giocatore che da due anni a questa parte è passato dal giocare in Primavera ad essere un punto cardine della prima squadra di Marcolini. Pensi che il calciatore possa approdare in maglia blucerchiata, oppure dai quasi per fatto il suo arrivo a Bologna?

“Io temo che per la Sampdoria sia ormai un’operazione svanita, anche per i motivi elencati prima, ovvero per la posizione deficitaria in classifica e perché bisogna programmare nel breve tempo, pensando di più all’immediato. Indubbiamente mi avrebbe fatto molto piacere vedere lui nella Sampdoria, perché credo molto in un talento come lui e credo nelle prospettive di crescita che si vengono a creare nell’ambiente blucerchiato. Penso che esso sia perfetto, per tutti i giovani che devono crescere e devono avere tempo per farlo; è ovvio che il Chievo Verona ha un certo tipo di pubblico e programmi, mentre nella Sampdoria sei proiettato in un ambiente totalmente differente visto il blasone, ma nonostante ciò non hai la stessa pressione che puoi avere in un’altra piazza. Bologna allo stesso tempo, penso sia perfetta tanto quanto lo è la Sampdoria, perciò buon per lui e per il club felsineo”.

Per concludere in bellezza, vorremmo discostarci dal discorso campo, passando ad un tema molto importante, ovvero quello della lettura, che negli ultimi anni ha avuto una tendenza negativa. Te in questo modo ti ci sei inserito, anche in maniera immediata dando vita al tuo libro –Wembley 92’- nel quale hai avuto il piacere di far riemergere a tutti i tifosi doriani e agli amanti dello sport, ciò che è accaduto in quella stagione, grazie all’aggiunta di contenuti esclusivi. Potresti raccontarci un po’ quali soddisfazioni ti ha regalato questo testo e questa esperienza?

“Innanzitutto esso mi ha regalato la soddisfazione enorme di incontrare alcuni miei idoli dell’infanzia, io sono nato nell’85 e quando c’è stata la finale tra Sampdoria e Barcellona, avevo solamente sette anni, però la ricordo ed è stato un momento importante della mia vita, perché è stato un qualcosa che è rimasto al di là della sconfitta che purtroppo la Samp ha patito. Ho realizzato il sogno di incontrare Pagliuca e Lombardo, oppure giocatori come Mihajlovic, che allora non giocavano alla Sampdoria ma che lo avrebbero fatto negli anni a seguire, ma giocavano nella Stella Rossa, perciò per me erano già dei miti. Wembley 92’ è stato un viaggio di scrittura, perché andando in giro per l’Europa ed andare a conoscere questi ex calciatori, mi ha permesso di visitare nazioni come Belgio, Grecia, Ungheria e Norvegia.  È stato molto emozionante calcare un’altra volta questi campi da sampdoriano, perché nonostante ai tempi fossi un bambino, sapevo che da lì era passata la Sampdoria di Vialli e Mancini che aveva ottenuto dei risultati straordinari. Devo ammettere che con grande fair-play, tutti gli ex avversari della Sampdoria che ho intervistato, ve ne sono tanti nel libro, tutti quanti hanno ammesso che ai tempi contro quella Samp essi avessero poche speranze e nonostante si fossero battuti al meglio, non erano riusciti a battere una formazione che solo il Barcellona di Cruijff avrebbe potuto strappargli il titolo di campione d’Europa. Dopo di che, ritorno a quanto detto prima, ovvero, se la Sampdoria è arrivata ad un passo dal tetto d’Europa, è perché vi era stata una programmazione giusta da parte di Mantovani, l’allora presidente, che era il papà dei calciatori, che con il giusto affetto e capacità di trasmettere valori, ha fatto diventare dei giovani calciatori, dei grandi uomini e non solo grandi sportivi. È questo il motivo per cui poi tanti giocatori di quella formazione hanno poi fatto bene fuori dall’ambiente blucerchiato, perché Mantovani ha consegnato a tutti loro un piccolo bagaglio che potessero portare con sé in giro. Perciò questa lettura per me o stata importante, per far riscoprire i valori a tinte blucerchiate. Oltre a tutto questo, è stata enorme anche la soddisfazione personale di poter raccontare di calcio, perché per me è stato bellissimo rispolverare un’azione, un gol o un personaggio. Nel libro non mi sono limitato a quelli che hanno vestito la maglia blucerchiata, sono andato a cercare le storie di altri giocatori che sono stati ai tempi avversari e che hanno lasciato un segno, mi viene in mente Istvan Pisont, che era un bomber ungherese, per noi magari sconosciuto. Ma fu lui ai tempi a dar maggiore fastidio alla Sampdoria, prima che raggiungesse la finale con il Barcellona, giocando nella Honved di Budapest. Esso ha avuto una carriera davvero importante in Germania, in Russia e in Israele, perché era un giocatore di caratura internazionale e questo fattore a mio avviso, ai giorni d’oggi si è perso, perché nel calcio delle grandi stelle e dei grandi nomi, non c’è più spazio per questi tipi di calciatori che si formano anche in povertà, riuscendo poi a calcare i più grandi palcoscenici, scrivendo delle storie calcistiche che sono ormai distanti dia nostri tempi. Difatti, nella lettura ho voluto raccontare e riprendere un calcio romantico, uno sport che portasse emozioni. Quest’oggi non penso che un ragazzino di sei anni che guarda la Champions League può provare esattamente le stesse cose che provavo io all’epoca nel vedere la Stella Rossa, il Panathinaikos, però penso fosse giusto rendere omaggio alla grande Sampdoria di Vialli e Mancini, ma allo stesso tempo al calcio dei primi anni novanta, che è quello che mi ha fatto sognare quando ero bambino. Spero che chi avrà l’opportunità di leggere Wembley 92’, possa vivere le stesse emozioni che vivo io, perché in fin dei conti il calcio è amore, è innamorarsi di calciatori, maglie, partite e storie, e cosa può esser meglio che poter leggere un libro il quale racchiude tutto questo”.

Intervista a cura di Simone Cataldo